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Il ruolo della carne in età pediatrica

Nel settore dell’alimentazione, nonostante il galoppante progredire delle conoscenze scientifiche, persistono sacche di disinformazione sostenute da pregiudizi e semplificazioni salutistiche, diffuse non sempre correttamente da alcuni mass media. E così gli alimenti vengono spesso classificati in “buoni” e “cattivi”, il che disorienta ancor più il consumatore.

In effetti, nessun prodotto può essere considerato buono o cattivo per la salute, ma deve essere valutato per i nutrienti che apporta nella razione alimentare giornaliera. La carne e i salumi, ma anche le uova e i formaggi, sono stati ripetutamente indicati quali fattori di rischio alimentari per alcune patologie cardiocircolatorie. In effetti vi è la tendenza ad identificare i grassi saturi (laurico, miristico e palmitico) associabili alle citate patologie, con i grassi animali. Tali grassi sono tuttavia presenti sia nel mondo animale che vegetale, unitamente ai grassi insaturi, e rappresentano dei nutrimenti importanti per la vita umana. L’importante è non oltrepassare il limite giornaliero previsto per ogni categoria di alimento in una dieta equilibrata. È stato per esempio rilevato con certezza che le popolazioni che consumano una prima colazione a base di prosciutto, bacon e con largo uso di carni crude e cotte di maiale hanno un’incidenza di infarti miocardici (purché non superino il limite giornaliero previsto dalla dieta) addirittura inferiore alla media della popolazione italiana.

Le carni sono ricche di ferro biodisponibile; più precisamente il ferro di questi alimenti è sotto forma “emica”, cioè legato al gruppo “eme” dell’emoglobina: tale forma ne determina un assorbimento intestinale diretto. Poiché il ruolo del ferro è fondamentale per l’organismo umano (trasporto di ossigeno, sintesi di molecole vitali per i processi chimico-metabolici), una sua carenza determina gravi patologie (anemia, ridotto sviluppo neuro-cognitivo nel bambino, ecc.). Poiché il ferro biodisponibile raggiunge il 20% del contenuto nella carne, mentre nella verdura è dell’1%, si comprende perché il contenuto della carne e i prodotti da questi derivati costituiscono un approccio dietetico fondamentale in particolare per i soggetti in età pediatrica. Studi epidemiologici recenti e condotti su larga scala (studio di popolazione) hanno evidenziato che una dieta totalmente priva di carne e derivati (e quindi privi di vitamina B12 e di altri nutrienti essenziali, quali il ferro biodisponibile), se cominciata sin dalla tenera infanzia, può avere un impatto fortemente negativo sullo sviluppo cognitivo anche durante l’adolescenza. È infatti dimostrato che una dieta povera di proteine animali (meno di 20 g/die), in bambini di 3-5 anni ha un notevole impatto negativo sulle loro “performance cognitive”, valutate secondo lo “score” terman-merrill (Scrimshaw, 1998).

In effetti la nutrizionista Elisabetta Bernardi, impegnata a demolire quei pregiudizi che nel corso del tempo si sono sviluppati intorno alla carne, così si esprime: “La bistecca fa bene al cervello, mentre una dieta priva di carne, soprattutto nei bambini, rischia di non favorire lo sviluppo cognitivo. Una carenza di ferro nell’alimentazione può essere correlata con bassi risultati scolastici, quindi per i più piccoli è consigliato mangiare la carne. Bambini vegetariani, nati da madre vegetariane, se non arricchiscono la propria dieta con integratori particolari, possono andare incontro al rischio di un ridotto sviluppo cognitivo”.

I prodotti di origine animale sono gli unici a portare calcio a livello adeguato e vitamina D (completamente mancante nei prodotti vegetali). Le carenze di vitamina D sembra colpiscano circa il 50% degli americani (le persone che vivono in città non ricevono sufficiente irradiazione solare). L’elevata nutrizionalità della carne deriva dalla sua ricchezza di proteine nobili contenenti amminoacidi essenziali (cioè indispensabili alla vita e acquisibili solo con l’alimento) ed altri amminoacidi con attività anche “extranutrizionale”, che favoriscono ad esempio la crescita dell’individuo: è indicativo al riguardo il rapporto, nella popolazione umana”, tra consumo di carne e statura media.

La carne è inoltre ricca di Sali minerali indispensabili, sotto forma “organica” e quindi più facilmente assimilabili; vitamine idrosolubili (b1, B2, B12, ecc.); vitamine E con attività antiossidante; nucleotidi, metionina e arginina che favoriscono il metabolismo energetico supportando l’attività del sistema immunitario, quindi potenziando le difese contro le malattie infettive.

Tratto da “Alimentazione: verità e bugie, a cura di Stefano Zurrida e Carlo Cipolla, pg 72-74”, Cap. 4, testo di G. Poli e S. Masini, Sics editore.
(fonte articolo: www.carnisostenibili.it)

 

L’articolo è a cura di Stefano Zurrida – Laureato in Medicina e Chirurgia nel 1985 all’Università degli Studi di Cagliari con 110/110, conferimento della lode e pubblicazione della tesi. Nel 1989 si è specializzato in Oncologia Generale e successivamente, nel 1994 in Chirurgia Generale, all’Università degli Studi di Pavia. Lavora dal 1986 in ambito oncologico, presso l’Istituto Nazionale dei Tumori e dal 1994 opera all’Istituto Europeo di Oncologia (IEO), dove è stato nominato direttore dell’Unità di Diagnostica e Terapia Chirurgica in Senologia. E’ Prof. di Chirurgia Generale dell’Università di Milano.

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